Diffondere il Messaggio di Krishna 

 

 

 

Signore e signori, vi ringrazio molto della vostra presenza in questo grande Movimento, che non è stato inaugurato da me, ma da Krishna stesso in un passato lontanissimo. Prima di tutto, Egli insegnò la Bhagavad-gita al deva del sole, come si legge nel verso 4.1 della stessa opera:

 

imam vivasvate yogam
proktavan aham avyayam
vivasvan manave prahur
manur iksvakave ‘bravit

 

“Ho insegnato questa scienza immortale dello yoga a Vivasvan, il deva del sole, che la trasmise a Manu, il padre dell’umanità, il quale a sua volta l’impartì a Iksvaku.”

 

Se calcoliamo l’età di Manu, allora comprendiamo che Krishna ha trasmesso la conoscenza della Bhagavad-gita al deva del sole almeno quaranta milioni di anni fa. Il nome della divinità che presiede il sole è Vivasvan, suo figlio è Vaivasvata Manu e il figlio di Manu, Iksvaku, è il capostipite della dinastia Surya-vamsa, in cui è apparso Sri Ramacandra. sue radici in un passato molto lontano. Krishna prosegue dicendo, evam parampara-praptam, imam rajarsayo viduh: “Un tempo i rajarsi, i re santi, ricevevano istruzioni attraverso la linea di successione dei maestri.” (Gita 4.2) Questo era il modo di comprendere la Bhagavad-gita.

Cinquemila anni fa, quando Krishna Si trovava sul campo di battaglia di Kurukshetra con Arjuna, questi non sapeva se combattere oppure no, e per ispirarlo a compiere il suo dovere, il Signore enunciò la Bhagavad-gita. Egli disse: “La parampara, la linea di successione, si è interrotta, quindi ora ti spiegherò di nuovo la filosofia della coscienza di Krishna, affinché la gente possa apprenderla da te.” Questa filosofia fu trasmessa ad Arjuna cinquemila anni fa e ancora oggi abbiamo accesso alle istruzioni di Krishna. Purtroppo, la Bhagavad-gita continua a essere oggetto d’interpretazioni, perché non viene trasmessa e ricevuta col metodo della parampara; traiamo le nostre personali conclusioni e in questo modo interrompiamo continuamente la linea di successione.

Per tale motivo, cinquecento anni fa Sri Caitanya Mahaprabhu, descritto come una manifestazione di Krishna, ha insegnato la Bhagavad-gita nel ruolo di un devoto. Cinquemila anni fa Krishna operava in qualità di Dio, il maestro supremo, e ordinava ad Arjuna, sarva-dharman parityajya mam ekam saranam vraja, “Lascia ogni forma di religione e abbandonati a Me” (Gita 18.66), ma poiché venne frainteso, è apparso cinquecento anni fa come Sri Caitanya Mahaprabhu, un devoto di Krishna. Che Sri Caitanya sia Krishna stesso è confermato da Scritture autentiche come gli sastra vedici:

 

krishna-varnam tvisakrishnam
sangopangastra-parsadam
ajnaih sankirtana-prayair
yajanti hi su-medhasah

 

“Nell’era di Kali, le persone intelligenti eseguiranno il canto collettivo per adorare la manifestazione di Dio che glorifica costantemente i nomi di Krishna. Anche se la Sua carnagione non è scura, Egli è Krishna stesso, accompagnato dalle Sue espansioni, dai Suoi servitori eterni, dalle Sue armi trascendentali e dai Suoi amici più intimi.”
(Bhagavatam 11.5.32)

 

Il Movimento per la coscienza di Krishna appartiene dunque a Sri Caitanya e Sri Caitanya è Krishna. Krishna è molto buono con noi, anime condizionate, e cerca costantemente di elevarci al piano della coscienza spirituale, di riportarci alla realtà, ma noi siamo talmente ostinati che invece tentiamo costantemente di dimenticarLo.


L’ordine di Caitanya Mahaprabhu agli indiani

Sri Caitanya apparve nel distretto di Navadvipa, in Bengala, a poco più di cento chilometri a nord di Calcutta. Potete leggere i Suoi precetti ne Gli Insegnamenti di Sri Caitanya e nella Caitanya-caritamrita, un’opera in otto volumi. Sri Caitanya Si rivolse soprattutto agli indiani:

bharata-bhumite haila manusyajanma yara
janma sarthaka kari’ kara paraupakara

 

“Chi ha preso una nascita umana in India [Bharata-varsa] deve fare della sua vita un successo operando per il bene dell’umanità.”

 

Egli dice “Chiunque sia nato in India…”. Bharata-bhumi, l’India, è punyabhumi, la terra pia. Apprendiamo dagli sastra che perfino gli abitanti dei pianeti celesti desiderano nascere in questo paese glorioso. La missione di Sri Caitanya è far sì che coloro i quali vi hanno preso nascita come esseri umani rendano perfetta la loro vita avvalendosi della conoscenza vedica, patrimonio dell’India. Ogni indiano, specialmente se appartiene alle classi dei brahmana, degli ksatriya e dei vaisya, ma in particolare dei brahmana, deve dunque rendere perfetta la propria vita studiando la conoscenza vedica, per poi diffonderla in tutto il mondo.

Poiché la gente che vive fuori dall’India è povera di conoscenza spirituale, Sri Caitanya Mahaprabhu chiese a ogni indiano di studiare le Scritture vediche e distribuirne la saggezza. Para-upakara significa attività benefica. La coscienza di Krishna è l’attività benefica migliore al mondo, perché la gente è immersa nell’ignoranza. Tutti, praticamente il novantanove per cento dell’umanità, sono attualmente convinti di essere il corpo: “Sono indiano”, “Sono americano”, “Sono indù”, “Sono musulmano”. Questa non è che ignoranza ed è un tema che la Bhagavad-gita tratta in modo molto elaborato.

A questo punto può sorgere un interrogativo: “Come fare a dedicarsi al bene del mondo intero?” Ebbene, Caitanya Mahaprabhu c’incoraggia dicendo: yare-dekha tare kaha krishna-upadesa amara ajnaya guru hana tara ei desa “Ovunque risiedi, diventa guru su Mio ordine.” (Caitanya-caritamrita, Madhya 7.128) “Ma non ho alcuna preparazione. Come posso diventare guru? Come posso istruire gli altri?” Caitanya Mahaprabhu dice, “Sì, lo so, è sufficiente che accetti il Mio ordine.” “Allora che cosa devo fare?” “Diventa guru. Non devi inventare alcuna filosofia. Trasmetti semplicemente l’insegnamento di Krishna. Tutto qui. Allora sarai un guru.”

Rivolgiamo dunque la nostra richiesta a voi indiani, che da tante generazioni risiedete numerosi in questo Paese straniero: accettate l’ordine di Sri Caitanya Mahaprabhu. Poiché siete originari dell’India, è un’istruzione diretta soprattutto a voi: “Su ordine di Sri Caitanya Mahaprabhu diventate guru.” Vivete qui in Sudafrica, quindi predicate qui come maestri spirituali. Che cosa dovete predicare? Sri Caitanya dice che non dovete inventare nulla. Nella Bhagavad-gita c’è l’insegnamento di Krishna, non alteratelo, ma datelo così com’è. Questo è il vostro compito.


Krishna, Dio, la Persona Suprema

La Bhagavad-gita afferma con chiarezza che Krishna è Dio, la Persona Suprema. Krishna stesso dice,

aham sarvasya prabhavah
mattah sarvam pravartate
iti mattva bhajante mam
budha bhava-samanvitah

 

“Dei mondi spirituali e materiali sono la fonte, da Me tutto emana. I saggi che conoscono perfettamente questa verità Mi servono e Mi adorano con tutto il cuore.”
(Gita 10.8)

 

Ciò che dobbiamo capire è che Krishna è Dio, la Persona Suprema. Arjuna ascoltò Krishna parlare di Sé e concluse:

 

param brahma param dhama
pavitram paramam bhavan
purusam sasvatam divyam
adi-devam ajam vibhum

 

“Tu sei Dio, la Persona Suprema, la dimora finale, la Verità Assoluta. Sei la persona originale, trascendentale ed eterna. Sei il non-nato, il più puro e il più grande. Tutti i maggiori saggi, Narada, Asita, Devala e Vyasa, lo proclamano e ora Tu stesso me lo riveli.”
(Gita 10.12)

 

Krishna è dunque accettato come Dio, la Persona Suprema, dal Suo discepolo Arjuna, ma anche da Vyasadeva, da Narada Muni e in un passato più recente, negli ultimi duemila anni, anche da tutti i grandi acarya dell’India, come Sankaracarya, Ramanujacarya, Madhvacarya e Visnusvami. Infine, cinquecento anni fa da Sri Caitanya Mahaprabhu. Non c’è quindi alcun dubbio che Krishna sia Dio, la Persona Suprema; lo Srimad-Bhagavatam (1.3.28) lo conferma con le parole ete camsa kalah pumsam, krishnas tu bhagavan svayam: “Dio, la Persona originale, è Krishna.” Se consultate sastra come le Upanisad, i Veda e la Brahma-samhita, troverete la medesima conclusione: krishnas tu bhagavan svayam. All’inizio della Brahma-samhita, Sri Brahma, l’autore, dice:

 

isvarah paramah krishnah 
sac-cid-ananda-vigrahah
anadir adir govindah
sarva-karana-karanam

 

“Govinda, Krishna, è la causa di tutte le cause. Essendo la causa prima, è la forma originale dell’eternità, della conoscenza e della felicità.” (5.1)

 

Gli sastra, le Scritture autentiche, gli acarya e la Bhagavad-gita ci dicono dunque tutti la stessa cosa: krishnas tu bhagavan svayam. Non è difficile partecipare alla missione di Sri Caitanya, occorre solo accettare l’insegnamento della Bhagavad-gita e cercare di predicarlo a chiunque incontriate. Potete continuare a occuparvi d’affari e a svolgere qualsiasi altra mansione abbiate nella vita, capifamiglia o altro; è sufficiente che comunichiate agli altri l’insegnamento di Krishna. Questa è la nostra missione.


Krishna, l’insegnante supremo

L’insegnamento di Krishna inizia quando Arjuna non sa se combattere oppure no. Nel campo avversario egli vede suo fratello, i suoi nipoti, suo genero, suo nonno, il suo maestro, amici e parenti; resta quindi confuso e disorientato. Col cuore pieno di compassione dice, “Krishna, non combatterò.” Arjuna, però, sa che Krishna è Dio, la Persona Suprema, il solo capace di sradicare ogni sua perplessità. Prende quindi rifugio in Lui. Tutti noi ci troviamo senz’altro nella sua stessa condizione, perché in questo mondo non esiste chi non sia afflitto dall’ansia e dallo smarrimento.

Il problema di Arjuna è quindi anche il nostro e se desideriamo risolverlo, dobbiamo accettare Krishna come il maestro supremo. Questo è l’insegnamento della Bhagavad-gita e di Arjuna. Sisyas te ‘ham sadhi mam tvam prapannam: “Krishna, mio Signore, Ti chiedo ora di diventare il mio maestro e di risolvere il mio problema.” (Gita 2.7) Poco dopo, nel verso 2.9, Sanjaya, il narratore, dirà:

 

evam uktva hrisikesam
gudakesah parantapah
na yotsya iti govindam
uktva tusnim babhuva ha

 

“Dopo aver così parlato, Arjuna, il vincitore del nemico, dice a Krishna, ‘Govinda, non combatterò’, e rimane in silenzio.”

 

Sanjaya si riferisce a Krishna chiamandoLo Hrisikesa. Hrisika sono i sensi e isa è il proprietario. Tutti abbiamo i sensi e dobbiamo comprendere che il proprietario dei nostri sensi è Krishna. Posso dire “Questa è la mia mano”, ma se Krishna me la paralizza, non sarò più in grado di usarla. E’ dunque facile capire che i sensi non ci appartengono, ma che ci vengono dati perché ne facciamo un buon uso. E poiché li abbiamo ricevuti dal Signore Supremo, Krishna, il proprietario dei sensi, dobbiamo usarli per Lui praticando il bhakti-yoga. Abbiamo i sensi, ma non sono nostri, possiamo solo usufruirne. Per questo motivo, Krishna Si chiama Hrisikesa. Hrisikena hrisikesa sevanam bhaktir ucyate (Narada Pancaratra).

Bhakti significa adoperare i propri sensi per servire Krishna. Ora, sotto l’influsso dell’illusione, usiamo i sensi per godere della materia. Questo è lo stato condizionato, che ci porta a subire un costante cambiamento di situazioni in tanti corpi diversi. Siamo noi a creare le varie situazioni utilizzando i sensi per godere della materia e incatenandoci così alla natura materiale. Il verso 3.9 della Bhagavad-gita spiega questo fenomeno con le parole yajnarthat karmano ‘nyatra, loko ‘yam karma bandhanah. Yajna, o yajna-purusa, si riferisce a Visnu. Se agite per Krishna, fate la cosa giusta, altrimenti restate incatenati. Questo è l’insegnamento della Bhagavad-gita.

Arjuna è un guerriero, un soldato, conosce l’arte del combattimento, tutto qui. Non è un vedantista, non è brahmana e neanche sannyasi, è grihastha, un uomo sposato, e si trova sul campo di battaglia di Kurukshetra per ragioni politiche. Sa combattere bene e usa il suo talento per Krishna. All’inizio rifiuta lo scontro perché è un Vaisnava, una persona mite e gentile. Dice, “So bene che i miei fratelli, i miei cugini, hanno insultato mia moglie, usurpato il regno con l’inganno e compiuto una serie di altri misfatti, ma sono pur sempre i miei parenti e non voglio ucciderli.”

Questa è l’attitudine di un Vaisnava, ma la missione di Krishna è yada yada hi dharmasya glanir bhavati (Gita 4.7). Quando viene commessa un’ingiustizia, questa va combattuta. Così insegna Krishna. Arjuna, in quanto Vaisnava, non vuole combattere, ma Krishna, il mediatore supremo, desidera la battaglia e qualunque decisione Egli prenda è buona, perché “Dio è buono”, niente di ciò che Dio fa è cattivo. Dopo che Arjuna ha ascoltato la Bhagavad-gita con molta attenzione, Krishna gli dice, “Ti ho spiegato la conoscenza spirituale, ora sta a te decidere quello che vuoi fare.”

Yathecchasi tatha kuru (Gita 18.63) “La scelta è tua e puoi scegliere di non combattere. Io non ti ostacolerò, perché hai la tua piccola parte d’indipendenza, ma il Mio consiglio è che tu combatta. Che cosa decidi di fare?” Arjuna risponde, karisye vacanam tava (Gita 18.73): “Ora sì, combatterò”. Questa è bhakti, agire seguendo il consiglio del Signore Supremo. Dobbiamo dunque prima di tutto ristabilire il nostro legame con Dio, già esistente come la relazione tra padre e figlio. Capita che un figlio se ne vada via di casa e dimentichi suo padre, ed è questa la nostra condizione: siamo andati via di casa, abbiamo lasciato il mondo spirituale per venire nel mondo materiale e abbiamo dimenticato nostro padre. Risvegliare dunque la nostra relazione con Krishna, Dio, è la missione principale della vita umana.


La missione della vita umana

Nelle forme di vita inferiori alla specie umana non è possibile ritrovare la propria relazione eterna con Dio, quindi non bisogna sprecare questa grande opportunità. Dopotutto, siamo controllati dalle leggi della natura materiale: tatha dehantara-praptih (Gita 2.13) Coi nostri desideri creiamo il corpo in cui entreremo dopo la morte. Il bambino diventa un ragazzo, il ragazzo un adulto, l’adulto un anziano e l’anziano un vecchio. Che cosa viene dopo un corpo vecchio? Tatha dehantara-praptih: bisogna accettare un altro corpo. Ciò è definito ciclo di nascita e morte, o trasmigrazione dell’anima. Questa è la realtà.

Nessuno vuole morire, nessuno vuole cambiare corpo, ma il problema è che dovrà farlo ed è bene che lo sappia. Si tratta del primo insegnamento di Krishna ad Arjuna: tatha dehantara-praptih. La vita umana costituisce l’opportunità di uscire dal ciclo di nascita e morte, e di trasformare la nostra vita in un successo seguendo le indicazioni di Krishna, cercando di capire Krishna, la Bhagavad-gita. Proveniamo da Dio e da Lui torneremo se riusciamo a comprenderLo. Questa è l’essenza della Bhagavad-gita. Quando Arjuna dice perplesso: “Come posso uccidere i miei cari? Krishna, non combatterò,” Krishna sorride e pensa: “Arjuna è Mio amico ed è completamente sopraffatto dalla concezione materiale dell’esistenza. Deve smetterla di lamentarsi così.” E una volta che Arjuna Lo accetta come maestro, Egli lo rimprovera:

 

sri bhagavan uvaca
asocyan anvasocas tvam
prajna-vadams ca bhasase
gatasun agatasums ca
nanusocanti panditah

 

“Dio, la Persona Suprema, disse: Sebbene tu dica sagge parole, ti affliggi per qualcosa che non vale la pena. I saggi non piangono né i vivi né i morti.”
(Gita 2.11)

 

“Mio caro Arjuna, ti esprimi proprio come un saggio.” Prajna-vadams significa parlare come una persona colta. “Purtroppo, però, non sei saggio, perché ti lamenti per questo corpo.” Krishna dice, gatasun agatasums ca nanusocanti panditah: “Una persona colta non si lamenta per il corpo, vivo o morto che sia. Parli come un saggio, ma non lo sei.” Questa è la primissima istruzione. Poiché Arjuna accetta Krishna come maestro, Krishna lo rimprovera con parole dure: “Non sei un pandita.” Riflettete un istante sulla condizione attuale del mondo. Tutti sono concentrati sulla cura del corpo, ma Krishna dice, gatasun agatasums ca nanusocanti panditah. Il pandita, la persona colta, sa di non essere il corpo bensì l’anima.

Il nostro dovere primario è dunque prenderci cura dell’anima, e la forma di vita umana costituisce la possibilità di farlo. Un essere umano può comprendere la Bhagavad-gita, un cane non può. Attraverso il cammino evolutivo l’anima passa dal corpo di creatura acquatica a quello di pianta, poi d’insetto, uccello, animale, uomo incivile e infine uomo civile. Se in quest’ultima forma di vita l’anima non si dedica alla conoscenza della Bhagavad-gita, enunciata personalmente dal Signore, perde la sua occasione. L’insegnamento essenziale della letteratura vedica è che la forma umana è destinata alla realizzazione spirituale: “Non sono questo corpo, sono un’anima e il mio compito non è semplicemente prendermi cura del corpo.”

Questa è civiltà umana ed è per questo che il nostro Movimento per la coscienza di Krishna è molto importante. Chiediamo a tutti di studiarlo con serietà e fare della propria vita un successo. Successo in che cosa? Nella comprensione di Krishna. Krishna Si spiega da Sé; quando parlo di Krishna tutti devono sapere che sto parlando di Dio. Se dunque proviamo a capire Krishna, cioè Dio, ci liberiamo dall’incatenamento alla materia. Tyaktva deham punar janma, naiti mam eti so ‘rjuna (Gita 4.9) Questa è la certezza che la Bhagavad-gita ci dà. Janma karma ca me divyam, evam yo vetti tattvatah (Gita 4.9).

Dovete conoscere Krishna così com’Egli è, e non è difficile, perché Krishna spiega Se stesso nella Bhagavad-gita. Vi chiediamo solo di cercare di comprendere la Bhagavad-gita così com’è, senza interpretazioni di sorta. Solo in questo modo capirete Krishna, e non appena accadrà, sarete liberi dal condizionamento materiale. E’ sicuro che dovremo lasciare il corpo, toccherà a noi come anche ai cani e ai gatti, ma se prima di lasciarlo giungiamo a comprendere Krishna, la nostra vita sarà un successo. Di quale successo si tratta? Dopo aver lasciato il corpo non dovremo prenderne un altro e torneremo invece a vivere nel nostro corpo spirituale eterno, situato già all’interno del corpo materiale. La nostra missione è dunque salire di nuovo al piano del nostro corpo spirituale. E’ molto semplice, occorre solo capire il messaggio di Krishna. Caitanya Mahaprabhu ha semplificato le cose perfino di più esortandoci a cantare il mantra Hare Krishna.

 

harer nama harer nama
harer namaiva kevalam
kalau nasty eva nasty eva
nasty eva gatir anyatha

 

“In quest’era di discordia e ipocrisia il solo modo di liberarsi è cantare il santo nome del Signore. Non c’è altro modo. Non c’è altro modo. Non c’è altro modo.”
(Brihan Naradiya Purana 3.8.126)

 

In quest’era siamo molto caduti, pertanto il metodo che ci viene offerto è molto semplice. Nello Srimad-Bhagavatam (12.3.51) si legge:

 

aler dosa-nidhe rajann
asti hy eko mahan gunah
kirtanad eva krishnasya
mukta-sangah param vrajet

 

“O re, sebbene il Kali-yuga sia un oceano di cattive qualità, ce n’è una buona che le compensa tutte: col semplice canto del maha-mantra Hare Krishna ci si libera dal condizionamento materiale e si accede al regno spirituale.”

 

Siamo nell’età di Kali, un tempo di malintesi e conflitti in cui la società si è degradata fino al punto di essere paragonabile a un oceano di difetti. C’è tuttavia una grande opportunità. Quale? Cantando il mantra Hare Krishna ci si qualifica per tornare a casa, da Dio. Il Movimento per la coscienza di Krishna vi dà questa informazione come un postino vi consegnerebbe la lettera di un amico. Stiamo cercando di consegnarvi il messaggio di Krishna. Per favore, accettatelo e fatene buon uso.

Vi ringrazio moltissimo.