Si! Tu sei speciale

 

Tutte le anime condizionate vogliono essere speciali, ma in questo mondo prima o poi ogni anima realizza di essere solo una tra milioni, senz’alcuna qualità speciale. Vogliamo essere eroi, ma in realtà siamo gente comune. Ci rallegriamo delle imprese eroiche altrui con la speranza segreta che un giorno gli eroi saremo noi. Se per caso l’eroe è un conoscente, la nostra coscienza si contorce dall’invidia. Perfino chi ha una posizione materiale relativamente agiata brucia d’invidia nel vedere altri che stanno meglio di lui. Infine, i pochi che occupano una posizione speciale sanno che la loro gloria avrà vita breve. Il desiderio di essere speciali causa quindi sofferenza. Nella Bhagavad-gita (7.27), Sri Krishna rivela l’ambizione dell’anima condizionata di essere speciale e la sua invidia per coloro che pensa siano speciali:

 

iccha-dvesa-samutthena
dvandva-mohena bharata
sarva-bhutani sammoham
sarge yanti parantapa

 

“O discendente di Bharata, conquistatore del nemico, tutti gli esseri vengono al mondo nell’illusione, confusi dalle dualità nate dal desiderio e dell’avversione.”

 

La casa dell’anima è il mondo spirituale, dov’ella serve gioiosamente Sri Krishna. Il Signore la confina nel mondo materiale solo quando l’anima, scegliendo di vivere un’esistenza indipendente, usa male il libero arbitro che Sri Krishna le ha dato. Nella falsa concezione di una vita indipendente, l’anima dimentica la sua posizione costituzionale di amorevole servitrice di Krishna, e poiché il mondo materiale è governato dall’energia illusoria del Signore (maya), l’anima deve subire il dolore insito nella dualità del desiderio e dell’invidia. Srila Prabhupada spiega nel commento a questo verso:

 

“La condizione intrinseca dell’essere individuale è di subordinazione al Signore Supremo, il Quale è conoscenza pura. L’individuo che si smarrisce è separato da questa conoscenza pura e cade sotto il controllo dell’energia illusoria, che lo rende incapace di comprendere Dio, la Persona Suprema. L’energia illusoria si manifesta nella dualità del desiderio e dell’avversione, e spinge l’ignorante a volersi identificare con Krishna e a invidiare la Sua Divinità assoluta.”

 

L’unica fonte di gioia e soddisfazione per l’anima è il servizio a Krishna. Nel mondo materiale Krishna è introvabile, perciò l’anima volge l’attenzione verso se stessa, diviene il centro della propria esistenza e la sua unicità diventa per lei la sola fonte di felicità e soddisfazione. Desiderando essere speciale, l’anima invidia coloro che lo sono. Alla fine, il desiderio e l’invidia culminano nell’ambizione di fare tutt’uno col Signore.


Da speciale a sensuale

L’essere individuale si rattrista quando pensa di non essere abbastanza speciale o influente dal punto di vista materiale, e quando ha una posizione sociale che gli fa credere di esserlo, realizza ben presto che molti altri hanno posizioni migliori. La persona riflessiva si rende conto che vivere in quest’insoddisfazione perenne è da sciocchi e cerca allora una via d’uscita gettandosi nel godimento sensuale. Pensa, “Se non posso avere la soddisfazione egoistica di controllare le persone e le cose (siddhi), lasciatemi almeno la soddisfazione di godere appieno dei sensi (bhukti)” e si dà da fare in qualsiasi modo per ottenere i mezzi di godimento.

Le sue azioni le valgono però solo dei biglietti omaggio per vagare in tutto l’universo, talvolta in forme di vita più elevate, talvolta in specie inferiori, godendo e soffrendo a diversi livelli sotto la legge del karma. Alla fine, la persona realizza che neanche dopo innumerevoli vite di godimento materiale è riuscita a placare la sua sete di gioia e soddisfazione eterne. Sri Krishna dice:

 

purusah prakriti-stho
hi bhunkte prkriti-jan
gunan karanam guna-sango 'sya
sad-asad-yoni-janmasu

 

“A contatto con la natura materiale l’essere conosce diverse condizioni di vita e gode dei tre guna incontrando il bene e il male nelle varie specie.”
(Gita 13.22)

 

Srila Prabhupada spiega nel commento: “È solo il desiderio dell’anima di dominare la natura materiale a costringerla in condizioni indesiderabili di vita, ora in un corpo di deva, di saggio, di uomo, ora in un corpo di mammifero, di uccello, di verme, di pesce o d’insetto, sempre in funzione dei suoi desideri materiali. E ogni volta l’anima si crede l’artefice del proprio destino, che in realtà le viene imposto dalla natura materiale.”


Da sensuale a non-duale

Frustrata dall’incapacità di vedere appagato il suo desiderio di riconoscimento materiale e di godimento sensuale, la persona riflessiva cerca allora alternative spirituali. Krishna aveva in mente proprio questo esito quando ha progettato il mondo materiale. Si tratta infatti di un luogo in cui le anime possono realizzare i loro desideri materiali, ma è così pieno di miserie da risvegliare l’esigenza di una via d’uscita (mukti). Se è fortunata, la persona delusa apprende di essere un’anima spirituale eterna e non il corpo in cui risiede temporaneamente. Scopre che poiché la materia e lo spirito sono reciprocamente incompatibili, cercare la felicità nel piacere dei sensi materiali è la causa stessa delle sue sofferenze.

 

ye hi samsparsa-ja bhoga
duhkha-yonaya eva te
ady-antavantah kaunteya
na tesu ramate budhah

 

“La persona intelligente non indugia mai nei piaceri generati dal contatto dei sensi con gli oggetti dei sensi. Non se ne compiace, o figlio di Kunti, perché essi hanno un inizio e una fine, e sono portatori di sofferenza.”
(Gita 5.22)

 

Partendo da questo principio fondamentale, l’anima educa la propria mente nella dottrina dell’equanimità, si libera da ogni desiderio di godimento sensuale e cerca di trovare soddisfazione solo nel sé (Gita 2.55). Per realizzare la propria vera natura, l’essere individuale si esercita a guardare con equilibrio le varietà e le dualità materiali (Gita 2.56). Agisce con i sensi solo quanto è necessario per compiere i suoi doveri e non per godere dei sensi (Gita 2.58). Vede con imparzialità prima tutta la materia, poi tutti gli altri esseri (14.24-25). Questa equanimità si manifesta una volta che l’anima ha trasceso la dualità dell’esistenza materiale e ha realizzato la propria identità di scintilla spirituale che nulla ha a che fare con la materia.

Un’anima realizzata compie i suoi doveri senza preoccuparsi dei risultati; capisce che la sua posizione alta o bassa nel mondo materiale è la conseguenza delle sue attività passate (karma). Perde allora il desiderio di sentirsi speciale e trova la pace.

 

vihaya kaman yah sarvan
pumams carati nihsprihah
nirmamo nirahankarah
sa santim adhigacchati

 

“Soltanto la persona che ha rinunciato a ogni forma di piacere dei sensi, che si è liberata dal desiderio, che ha rinunciato a ogni spirito di possesso e si è spogliata dal falso ego può raggiungere la vera pace.”
(Gita 2.71)

 

Da non-duale a speciale

La cessazione dei desideri materiali nello stato di equanimità non è la fine del viaggio spirituale, ma solo l’inizio. Srila Prabhupada spiega nel commento al verso succitato: “Essere senza desideri significa non volere niente per il proprio piacere materiale. In altre parole, desiderare solo di essere coscienti di Krishna corrisponde a essere liberi dal desiderio. Si raggiunge la perfezione della coscienza di Krishna quando si comprende la propria posizione di eterni servitori di Dio, senza affermare erroneamente che il corpo materiale è il vero sé e senza considerarsi padroni di qualcosa in questo mondo.”

Chi ha raggiunto questa perfezione sa che tutto dev’essere usato per Krishna, perché Egli è il proprietario di tutto ciò che esiste.” L’equanimità risolve il problema della dualità materiale, ma potrebbe non risolvere il problema del falso ego. L’anima liberata non cerca il riconoscimento materiale, ma se non si è ancora purificata dal desiderio di essere indipendente da Krishna, prova a diventare tutt’uno con Lui. Continua quindi a invidiare il Signore e rifiuta ostinatamente di servirLo in qualità di umile servitrice. Anche se pensa di essere perfetta, vuole ancora sentirsi spiritualmente speciale. Non avendo preso rifugio ai piedi di loto del Signore, continua la sua peregrinazione all’interno del mondo materiale.

 

ye’nye’ravindaksa vimukta-maninas
tvayy asta-bhavad avisuddhabuddhayah
aruhya kricchrena param padam tatah
patanty adho’nadrita-yusmadanghrayah

 

“O Signore dagli occhi di loto, sebbene i non-devoti che si dedicano a rigorose austerità e penitenze per raggiungere la posizione più elevata possano credersi liberati, hanno un’intelligenza ancora impura. Cadono quindi dalla loro presunta posizione di superiorità, perché non hanno considerazione per i Tuoi piedi di loto.” (Srimad-Bhagavatam 10.2.32)

 

L’anima vuol essere speciale perché questo è il suo stato naturale. Ogni anima ha una relazione unica e speciale col Signore Supremo. Nel mondo spirituale ogni anima serve il Signore in un modo particolare e si sente sempre estaticamente speciale. Poiché la sua posizione unica di servizio a Krishna è eterna, l’anima resta inconsapevolmente speciale anche allo stato condizionato. Amici e parenti affettuosi ci fanno sentire speciali anche se siamo persone comuni. Immaginiamo allora i sentimenti di un’anima legata al Signore da un vincolo d’amore sempre crescente. Per reciprocare con l’amore di un devoto, Krishna fa sentire quel devoto particolarmente speciale.

Per esempio, quando Krishna mangia tra i suoi amici pastorelli, che siedono in cerchi concentrici intorno a Lui, ogni ragazzo pensa che Egli guardi solo lui. Sebbene le anime siano per costituzione tutte uguali (in quanto minuscole particelle di Krishna), quindi né speciali né uniche, la loro esistenza individuale è straordinariamente speciale quando unita al Signore. La Bhagavad-gita (18.54) conduce l’anima dall’equanimità all’estasi:

 

brahma-bhutah prasannatma
na socati na kanksati
samah sarvesu bhutesu
mad-bhaktim labhate param

 

“Chi raggiunge il piano trascendentale realizza subito il Brahman Supremo e sente una felicità profonda. Si mostra equanime con tutti gli esseri, non si lamenta e non desidera niente. Può allora servirMi con una devozione pura.”

 

Quando si è situati nell’equanimità materiale si può cominciare a offrire un servizio devozionale puro a Krishna, perché si comprende che l’anima è una parte del Signore Supremo, quindi un’eterna servitrice. L’equanimità (brahma-bhuta) porta oltre la dualità materiale, ma solo il metodo del servizio di devozione puro guarisce dall’illusione che unendosi a Krishna si possa diventare grandi come Lui. Srila Prahupada spiega nel commento: Raggiungere il livello del brahma-bhuta, cioè identificarsi con l’Assoluto, costituisce per l’impersonalista il traguardo finale, ma dal punto di vista del personalista, del puro devoto, occorre andare oltre e intraprendere la via del servizio di devozione puro.

Se ne deduce che servire puramente il Signore Supremo con amore e devozione equivale a essere sul piano della liberazione, il brahma-bhuta, l’unità con l’Assoluto. Infatti, senza questa unità non si può servire l’Assoluto. Sul piano assoluto non esiste alcuna distinzione tra chi serve e chi è servito, anche se in un senso spirituale più profondo la differenza esiste… A questo stadio l’idea d’identificarsi col Brahman Supremo annullando la propria individualità appare infernale, e la prospettiva di vivere sui pianeti celesti sembra alquanto stravagante. I sensi, del resto, sono diventati simili ai denti rotti di un serpente.”

La corda del falso ego lega l’anima condizionata al mondo materiale, facendole pensare di esserne il centro. Distruggendo il falso ego, il puro servizio devozionale mette fine all’esistenza materiale dell’anima. Un puro devoto, pregno d’amore per Krishna (krishna-prema), è talmente concentrato a servire il Signore che il suo falso ego svanisce del tutto. Egli non ha i problemi che scaturiscono dal desiderio di essere materialmente o spiritualmente speciale, perché non vuol essere speciale; trabocca già di felicità spirituale.


Il desiderio soddisfatto

Il desiderio dell’anima condizionata di essere speciale proviene dalla sua posizione eccezionalmente speciale nel mondo spirituale. Nel mondo materiale l’anima pretende di essere egoisticamente speciale cercando di ottenere una posizione unica e influente (siddhi), ma poiché siddhi è difficile da ottenere, l’anima s’immerge nell’appagamento dei sensi (bhukti). Quando anche bhukti la delude, ella cerca la salvezza spirituale (mukti). Tuttavia, mukti non corregge la sua tendenza egoistica a considerarsi grande come il Signore, pertanto l’anima continua il suo girovagare sul piano materiale. Sri Caitanya Mahaprabhu istruì Srila Rupa Gosvami come segue:

 

krishna-bhakta–niskama, ataev
‘santbhukti-mukti-siddhi-kami-sakali ‘asanta’

 

“Poiché non ha desideri, il devoto di Sri Krishna è tranquillo. La persona dedita all’attività interessata vuole il piacere materiale, il jnani cerca la liberazione e lo yogi insegue l’opulenza materiale; sono dunque tutti avidi e non possono avere pace.”
(Caitanya-caritamrita, Madhya 19.149)

 

Nel commento Srila Prabhupada spiega:

 

“Il devoto di Sri Krishna non ha altro desiderio che servire Krishna. Anche le persone cosiddette liberate sono piene di desideri. Chi si dedica all’attività interessata vuole condizioni di vita migliori, il jnani vuole fondersi nel Supremo e lo yogi vuole l’opulenza materiale, la perfezione dello yoga e la magia. Tutti possono essere definiti avidi (kami). Poiché desiderano qualcosa per se stessi, non possono avere pace.”

 

Solo il puro servizio devozionale ristabilisce l’essere individuale nella sua vera identità di eterno servitore di Krishna in un sentimento d’amore intenso. A questo stadio speciale di esistenza il Signore Supremo fa sempre qualcosa di speciale per far sentire ogni anima eternamente speciale.

 

 

Siamo davvero speciali nella nostra relazione eterna con Krishna, che nell’immagine rende onore al brahmana Sudama, il Suo amato compagno di classe nella scuola del loro guru. [Dipinto di Dhruva Maharaja Dasa].
Siamo davvero speciali nella nostra relazione eterna con Krishna, che nell’immagine rende onore al brahmana Sudama, il Suo amato compagno di classe nella scuola del loro guru [Dipinto di Dhruva Maharaja Dasa].

 

 

Ajita Nimai Dasa, discepolo di Sua Santità Radhanath Swami, è un membro della congregazione del tempio di Sri Sri Radha Vrindavan Chandra, a Pune, in India. È laureato in informatica all’IIT di Bombay e lavora come top manager alla Symantec Corporation.