Un aiuto per il ritorno a casa - Il Bhaktivedanta Hospice di Vishaka Priya devi dasi

 

Nel suo libro Mathura Mahatmya, il grande studioso, devoto e acarya Srila Rupa Gosvami afferma: “Coloro che muoiono nell’area di Mathura e Vrindavana raggiungono la perfezione e ottengono la destinazione suprema.” Tuttavia, la maggior parte dei devoti non risiede a Vrindavana e fino a poco tempo fa persino coloro che avevano dato un ampio preavviso e potevano permettersi le spese di assistenza, una volta arrivati, non trovavano una struttura idonea a sostenerli nelle fasi terminali. Una devota che riuscì a morire a Vrindavana nel miglior modo possibile fu Arca-vigraha Dasi. Aileen Lipkin, questo il suo nome di nascita, era una pittrice e scultrice sudafricana di fama internazionale, che si unì all’ISKCON di Johannesburg nel 1985, all’età di cinquantadue anni, e si stabilì a Vrindavana verso la fine del 1991, quando le fu diagnosticato un cancro terminale.

Secondo il parere del suo medico, le restavano solo sei mesi di vita. Arca-vigraha stava già costruendo la sua casa nella zona di Ramana Reti, vicino al tempio ISKCON di Krishna-Balaram, e presto vi si trasferì con una sua cara consorella, che l’assistette fino al momento della morte, due anni e mezzo dopo. Durante il decorso sempre più doloroso della malattia non le mancarono le cure spirituali, né quelle materiali. Da anima spiritualmente elevata qual era, attraeva la compagnia di altri Vaisnava elevati e molti devoti erano ansiosi di starle vicino e di offrirle il proprio aiuto. Sperimentando i benefici del prepararsi a morire a Vrindavana, Arca-vigraha desiderò che altri devoti avessero la stessa opportunità e poco prima di lasciare il corpo chiese al suo maestro spirituale, Sua Santità Giriraja Swami, di costruire una clinica per il “Ritorno a Krishna”, in cui i devoti potessero trascorrere i loro ultimi giorni circondati dall’affetto di altri devoti e assistiti da personale qualificato.

Inizialmente, Giriraja Swami voleva acquistare un grande appezzamento di terra e costruirvi delle casette, affinché ogni devoto avesse, come Arca-vigraha, il proprio spazio privato. Ma quando assieme ai suoi collaboratori si rese conto che l’acquisto di un grande appezzamento a un prezzo abbordabile significava costruire l’hospice lontano dal Krishna-Balaram Mandir, decise con loro di creare un’atmosfera familiare in un ambiente istituzionale più grande. Gli incaricati presero in considerazione diversi lotti, ma quando le varie proprietà, una dopo l’altra, non furono più disponibili, Abhirama Dasa, che aveva progettato villaggi turistici in molti Paesi del mondo e ideato a Vrindavana sia il complesso residenziale “MTV Guest House” che il “Kirtan Ashram” per le devote anziane dell’ISKCON, si ricordò di un terreno acquistato dall’ISKCON nei primi anni novanta e destinato a diventare un parco da offrire a Srila Prabhupada in occasione del suo Centenario.

Il lotto è adiacente al pari-krama, la strada percorsa con devozione dai pellegrini durante i loro giri intorno a Vrindavana. E’ un boschetto sacro popolato da molti alberi kadamba e tamala, e conosciuto come Giriraj Bhag (“giardino di Giriraj”). Da cinque generazioni apparteneva alla discendenza di Sri Padmanabha Goswami, una famiglia di sacerdoti e custodi in linea ereditaria del Tempio di Radha-Ramana, a Vrindavana. Era un posto talmente tranquillo – uno dei più belli di Vrindavana – che il bisnonno di Padmanabha Goswami vi si recava spesso a pregare. Anche Srila Prabhupada, tornato a Vrindavana nel 1970 con i suoi discepoli americani, al mattino pregava lì.

I Goswami di Radha-Ramana accettarono di vendere il terreno all’ISKCON, ma solo a condizione che gli alberi non fossero mai abbattuti; e poiché l’ISKCON aveva progettato di farne un parco dedicato a Srila Prabhupada, l’accordo venne stipulato subito. Tuttavia, il progetto non fu mai realizzato e la terra rimase uno spazio aperto. Quando infine Abhirama Dasa si rivolse ai suoi vecchi proprietari, essi accettarono di dedicarla all’hospice e così, il 6 agosto del 2010 il Bhaktivedanta Hospice è stato finalmente inaugurato. Molti devoti hanno partecipato all’acquisto della terra e alle diverse fasi di costruzione dell’hospice.

Krishna-candra Dasa, da lungo tempo benefattore e membro a vita dell’ISKCON, ha dato il suo pieno sostegno e Sangita Dasi (Susan Pattinson, R.N.), pioniera internazionale del C.A.R.E. (Consulenza, Assistenza, Risorse ed Educazione per i Malati Terminali), ha messo a disposizione la propria competenza ed esperienza. Durante lo sviluppo del progetto si è profilata comunque la necessità di avere dei devoti locali che si assumessero la responsabilità diretta della costruzione e della gestione del complesso. Nell’esprimere il suo apprezzamento per il grande valore del progetto, Sua Santità Radhanath Swami, consigliere spirituale del Bhaktivedanta Hospital a Mumbai, ha spiegato questa necessità allo staff dell’ospedale. E’ stato allora che il direttore, Madhavananda Dasa (Dott. Ajay P. Sankhe) e il vicedirettore responsabile dell’assistenza spirituale, Visvarupa Dasa (Dott. Vivekanand Shanbhag), hanno aderito rispettivamente all’incarico di direttore e vicedirettore dell’hospice.

 

 

Il Bhaktivedanta Hospice, dotato di 23 posti letto, è stato fondato a Vrindavana nel 2010 da Giriraja Swami.
Il Bhaktivedanta Hospice, dotato di 23 posti letto, è stato fondato a Vrindavana nel 2010 da Giriraja Swami.

 

 

 

Realizzare la Visione

Inizialmente, il Bahktivedanta Hospice fu visto come una struttura per coloro che avevano dedicato la vita al servizio di Srila Prabhupada, ma mentre il progetto cresceva, l’équipe concluse che l’hospice poteva e doveva essere aperto anche ai Vrajavasi, i residenti dell’area di Vrindavana. Con la missione di offrire un sollievo permanente al problema di base dell’esistenza materiale – il ripetersi di nascita, morte vecchiaia e malattia – l’hospice avrebbe aiutato i pazienti a ricordare Dio al momento della morte e avrebbe offerto assistenza a loro e ai loro cari. L’hospice è stato concepito per soddisfare un’ampia gamma di necessità e di desideri di ogni singolo paziente, e per lasciare che i pazienti decidano liberamente come trascorrere i loro ultimi giorni – e in quale misura vogliano sottoporsi a interventi medici che potrebbero alleviare il loro dolore o prolungare la loro vita, ma anche disturbare la loro coscienza, ostacolando l’ascolto, il canto e il ricordo di Krishna, e lo scambio affettuoso con i devoti e i familiari.

L’hospice si compone di tre piani, è attorniato da ciò che resta del boschetto ed è poco distante dal tempio di Krishna-Balaram. Il pianoterra include una vasta zona di accoglienza, presieduta da una murti (forma scolpita) di Srila Prabhupada, una sala del tempio, locali per le visite, una farmacia e una sala conferenze. Porte a vetri si aprono sul giardino, dove panchine di pietra rosa invitano i pazienti e i visitatori a sedersi all’ombra degli alberi secolari. Un’ala separata, a cui si accede dal giardino, ospita i medici, le infermiere e i consulenti spirituali residenti. Il secondo e il terzo piano dell’hospice sono riservati ai pazienti. Ogni piano ha una cucina, una sala da pranzo, una stanza per il “Ritorno a Krishna”, dove i pazienti vengono portati nelle loro ultime ore, e otto camere private abbastanza grandi da ospitare comodamente i pazienti e coloro che li assistono.

Ognuna è dotata di un cucinino e di un bagno abbastanza grande da contenere il letto del paziente. Alcune camere hanno caratteristiche aggiuntive come l’aria condizionata, sistemi audio, scrivanie, sedie, divani e frigoriferi; la maggior parte ha finestre a golfo con una bella vista sugli alberi di Ramana Reti. Tutti i pazienti dell’hospice ricevono pasti gratuiti di krishna prasada e sebbene alcune medicine, l’ossigeno, i test patologici e i servizi di ambulanza abbiano un costo, i pazienti che non possono permettersi una stanza privata, possono usufruire gratuitamente di una delle due camere a tre letti e di sconti per pazienti bisognosi. Nessuno è mai stato mandato via dall’hospice perché non poteva pagare.

 

 

Alcuni membri del personale dell’ospizio esaminano un potenziale paziente [Foto di Ananta Simha Dasa].
Alcuni membri del personale dell’ospizio esaminano un potenziale paziente [Foto di Ananta Simha Dasa].

 

 

 

Personale Esperto

Il Viaggio Finale di Sangita Dasi è una guida pratica, chiara e completa che spiega nei dettagli in che modo l’hospice può assistere un devoto al momento della morte. Sangita Dasi è stata moltissime volte all’hospice per istruire infermiere e volontari, e sia il dottor Sankhe che il dottor Shanbhag, entrambi in possesso di borse di studio in Medicina Palliativa e Gestione degli Ospizi conferite loro del San Diego Hospice in California, lo visitano regolarmente. Il dottor Avnish Pandey (Anantasimha Dasa), il medico interno dell’hospice, era già uno specialista in Cura della Salute e in Cure Palliative quando, su richiesta di Radhanath Swami, con sua moglie abbandonò la carriera e la sua comoda vita a Mumbai per stabilirsi a Vrindavana, dove assiste i devoti nel loro viaggio finale.

Tutte le infermiere dell’hospice hanno la qualifica di GNM (Assistenza Infermieristica Generale e Ostetricia), sono abilitate dall’Associazione Indiana per le Cure Palliative e hanno almeno cinque anni di esperienza in questo campo. I servizi medici, assistenziali, sociali e spirituali del Bhaktivedanta Hospice sono disponibili in due sedi: nell’hospice stesso, dove le persone vengono per gestire la propria sofferenza e il trattamento di altri sintomi, e per essere ricoverate o curate come pazienti esterni; oppure a casa, dove l’ottanta per cento dei pazienti terminali sceglie di stare fino alla morte. Questi pazienti sono assistiti con regolari visite domiciliari programmate.

L’hospice prevede anche una Pausa di Riposo per coloro che assistono i pazienti. Quando un assistente diventa emotivamente o fisicamente esausto, il personale gli offre quindici giorni di pausa e si prende cura del paziente nell’ambito dell’hospice. L’Assistenza alla Fine della Vita prevede un’intensa cura medica, infermieristica, sociale e soprattutto spirituale per i malati terminali giunti all’ultimo stadio, denominata “morte attiva”, che li sostiene fino al loro ultimo respiro e continua a operare anche nella successiva fase funeraria. La Cura del Lutto include l’assistenza sociale e spirituale ai parenti stretti delle anime che hanno lasciato il corpo. Essa va avanti regolarmente per i tredici mesi che seguono la morte di un paziente, con un’enfasi speciale al primo anniversario. Il Bhaktivedanta Hospice suggerisce inoltre dei servizi che amici, familiari e volontari possono offrire ai pazienti sia a casa che in hospice, come cucinare, pulire, fare ghirlande, cantare, leggere o solo tenere compagnia.

 

 

Alcuni devoti di Krishna che hanno sostenuto il progetto (a sinistra, dall’alto in basso): Il dottor D. V. Shanbhag, vicedirettore del Bhaktivedanta Hospice; Sangita Dasi (Susan Pattinson, R. N.), insegnante abilitata all’assistenza negli ospizi, e Hrishikesh Mafatlal, sostenitore del progetto e capo dell’Arvind Mafatlal Group.
Alcuni devoti di Krishna che hanno sostenuto il progetto (a sinistra, dall’alto in basso): Il dottor D. V. Shanbhag, vicedirettore del Bhaktivedanta Hospice; Sangita Dasi (Susan Pattinson, R. N.), insegnante abilitata all’assistenza negli ospizi, e Hrishikesh Mafatlal, sostenitore del progetto e capo dell’Arvind Mafatlal Group.

 

 

 

Gli Ultimi Anni di una Madre a Vrindavana

Molti Vrajavasi, devoti e genitori di devoti hanno già beneficiato dei servizi del Bhaktivedanta Hospice. Durante l’inaugurazione dell’hospice, Nirguna Devi Dasi, un discepola di Srila Prabhupada, parlò degli ultimi due anni di sua madre, trascorsi a Vrindavana. Lei e i suoi genitori avevano incontrato Srila Prabhupada per la prima volta a Calcutta, nel 1971, e nel 1975 lei aveva ricevuto l’iniziazione a Vrindavana, durante la cerimonia d’apertura del tempio di Krishna-Balaram. Quando nell’estate del 2008 portò sua madre a Vrindavana, quest’ultima soffriva del morbo di Alzheimer da circa cinque anni ed era allettata da tre. Aveva chiesto di non essere mai ricoverata in ospedale.

Quando si liberò un appartamento nel complesso MTV, Nirguna vi si trasferì con sua madre. “Il dottor Syamavallabha e il dottor Anantasimha venivano a visitarla regolarmente e rispondevano sempre prontamente alle mie chiamate,” disse Nirguna. “Oltre ad assistere mia madre, aiutavano me sia psicologicamente che emotivamente, in quanto era davvero difficile vedere mia madre che moriva letteralmente di fame; questa era infatti la realtà della situazione. Fecero in modo che godesse di ogni comodità possibile: un materasso ad aria, un dispositivo di somministrazione regolata dei farmaci sedativi, la bombola di ossigeno e delle medicine che avevamo difficoltà a procurarci, anche dopo esserci rivolte a varie farmacie di Delhi.

Alcuni giorni prima di Gaura Purnima mia madre smise perfino di bere l’acqua. Esperto in materia, il dottor Anantasimha m’illustrò il decorso della malattia e mi aiutò a prepararmi. Anche il dottor Syamavallabha mi dava consigli al telefono, dicendomi di essere forte e di lasciarla andare. Alla fine, se ne andò serenamente e con dignità, un giorno dopo Gaura Purnima, mentre i devoti cantavano i nomi di Krishna. Grazie al Bhaktivedanta Hospice mia madre ha goduto di un’assistenza domiciliare all’avanguardia, nella sacra Vrindavana. Il personale dell’hospice è sempre stato disponibile, gli infermieri sono venuti regolarmente a fare le iniezioni e a cambiare i cateteri.

In breve, il Bhaktivedanta Hospice è stato inviato da Dio, ossia da Krishna, nel vero senso della parola. Anche i miei due fratelli furono commossi e infinitamente grati per questo servizio disinteressato. Grazie all’assistenza sincera che mia madre ebbe dal personale dell’hospice, videro lo spirito di servizio di Vrindavana. Il ruolo dell’hospice e di Giriraja Swami nella partenza esemplare di mia madre da Vrindavana non potrà mai essere apprezzato abbastanza. Il Bhaktivedanta Hospice sta compiendo un’opera della massima importanza. Il loro sostegno ai devoti vicini alla morte, offerto con cura amorevole, permette ai devoti di affrontare la prova finale della vita in modo dignitoso e sereno, nel ricordo costante di Krishna. Senz’altro questo servizio rende molto felice Srila Prabhupada, che ci ha trasmesso l’importanza del vivere e morire nella terra di Krishna.”

 

 

Un’assistente dedica il suo tempo a una paziente, aiutandola a ricordare i santi nomi del Signore.
Un’assistente dedica il suo tempo a una paziente, aiutandola a ricordare i santi nomi del Signore.

 

 

 

Un’Altra Famiglia Riconoscente

Anche il primo paziente dell’ISKCON residente nell’hospice, Babasaheb Narayan Patil, padre di Acarya Ratna Dasa, poté andarsene in modo esemplare con il sostegno della comunità. Acarya Ratna, un brahmacari che offriva servizio a Calcutta, ebbe una telefonata in cui il fratello lo informava che suo padre era gravemente ammalato, prossimo alla morte. Raggiunto il loro villaggio nel Maharashtra, Acarya Ratna trovò suo padre in una condizione disperata, incapace di stare seduto o in piedi, di mangiare, muoversi o parlare. Babasaheb nemmeno riconobbe suo figlio. Acarya Ratna pensò a tutti i sacrifici che il padre aveva fatto per lui, a quanto amore e affetto gli aveva sempre dimostrato, incoraggiandolo nella sua vita spirituale persino quando egli aveva deciso di abbandonare la carriera d’ingegnere informatico per unirsi all’ISKCON come brahmacari a tempo pieno.

Ricordò anche tutte le attività pie di Babasaheb – i programmi spirituali che aveva spesso organizzato, il servizio offerto alle persone sante, l’accoglienza a casa sua dei sadhu, ai quali donava in carità in cambio delle loro benedizioni. Acarya Ratna pensò a lungo e intensamente a come poteva servire suo padre nel momento del massimo bisogno; poi seppe dell’esistenza del Bhaktivedanta Hospice dal presidente del tempio di Pune. Allora telefonò al dottor Visvarupa, che gli disse di portare immediatamente suo padre all’hospice. Quando Acarya gli chiese il costo, il dottor Visvarupa rispose: “Il costo ufficiale è di 2.000 rupie al giorno più le medicine, ma un devoto a tempo pieno come te, che ha dato la sua vita per servire Krishna, non deve preoccuparsi dei soldi; porta subito qui tuo padre.”

I membri della famiglia e i vicini erano preoccupati del fatto che Acarya Ratna portasse Babasaheb così lontano, ma alla fine lui con il padre e cinque parenti intrapresero il viaggio fino a Mathura, dove trovarono ad attenderli due devoti e un’ambulanza per il trasporto di suo padre a Vrindavana. “All’hospice,” raccontò in seguito Acarya Ratna, “il personale ci diede il benvenuto e le informazioni necessarie, sistemò mio padre, organizzò la nostra permanenza e provvide al prasada e a tutte le altre nostre esigenze. Il dottor Anantasimha parlò in privato con noi familiari e ci diede indicazioni su come assistere mio padre in modo amorevole, premuroso e sensibile. Il dottor Visvarupa ci parlò della natura dell’anima, delle glorie di Vrindavana e della fortuna toccata a mio padre. T

utti i dubbi espressi dai familiari ebbero risposta e fummo certi di essere nel posto giusto. La sua stanza era molto carina, soleggiata, ben aerata e così spaziosa da ospitare sia lui che noi. Si udiva il cinguettio degli uccelli e dalla finestra si godeva la vista degli alberi ombrosi e delle mucche nella vicina goshala. Potevamo perfino lavare mio padre portandolo in bagno steso nel suo letto.” Prima di arrivare, Babaseheb aveva una piaga da decubito, ma grazie alle cure delle infermiere e al letto a circolazione d’aria, guarì subito. Aveva attacchi di tosse, ma ben presto il suo petto si liberò ed egli poté respirare normalmente. Mentre il personale si prendeva cura delle sue necessità fisiche, i suoi familiari gli davano la caranamrita, l’acqua sacra che aveva bagnato le Divinità dei principali templi di Vrindavana; lo spruzzavano con le acque sacre del Radha-kunda, dello Syamakunda, del Manasi-ganga e della Yamuna, e cospargevano il suo corpo con la sacra polvere di Vraja.

 

 

Gocce dal The Final Journey, un film di Rasa Acharya.
Gocce dal The Final Journey, un film di Rasa Acharya.

 

 

 

I devoti della comunità gli portavano ghirlande e caranamrita offerte alle Divinità del Krishna Balaram Mandir. Quando venivano a fargli visita gli leggevano brani da Il Libro di Krishna, di Prabhupada, e parlavano con i suoi familiari. Era il sacro mese di Karttika, perciò devoti da tutto il mondo visitavano Vrindavana e molti, inclusi i sannyasi e i devoti anziani, venivano a trovare Babasaheb. Nella sua camera c’era spesso un kirtana, in aggiunta a quello che si teneva regolarmente nell’hospice ogni mattina. Il pomeriggio si leggeva Il libro di Krishna e la sera c’erano i kirtana, i bhajana e il canto della preghiera Damodarastaka, il momento culminante di Karttika. Per tutta la notte si udiva il dolce canto registrato di Prabhupada. L’atmosfera era accogliente e spirituale, e l’ansia dei familiari di Acarya Ratna si placò nel vedere Babasaheb che diventava ogni giorno più sereno.

Quando lo stato di salute di Babasaheb peggiorò, i devoti si riunirono per tenere kirtana notturni e in vari templi dell’India furono offerte delle preghiere. Al tempio ISKCON di Mayapur, nel Bengala occidentale, Bhakti Purusottama Swami offrì un puja speciale a Nrisimhadeva e Radhanath Swami telefonò dall’America per spiegare a Babasaheb le glorie di Vrindavana, il servizio a Radha e Krishna, e per cantargli all’orecchio il maha-mantra. Anche Giriraja Swami gli cantò per almeno dieci minuti il maha-mantra al telefono. Due giorni dopo, Babasaheb Narayan Patil lasciò il corpo circondato dai devoti che cantavano i santi nomi. Il dottor Visvarupa eseguì gli ultimi riti e il giorno dopo si celebrò una commemorazione con vari interventi e un kirtana seguito da una festa.

Con la voce rotta dalla commozione, il fratello di Acarya Ratna disse: “A casa non avremmo potuto assistere così bene nostro padre. Nemmeno i parenti avrebbero potuto fare quanto hanno fatto i devoti all’hospice. Il Bhaktivedanta Hospice e i suoi devoti dimoreranno per sempre nel mio cuore.” Confusi e smarriti quando erano a casa, all’hospice i familiari avevano trovato coraggio e forza, e si erano sentiti fortunati di stare a Vrindavana per aiutare il loro caro a lasciare il corpo. Il Bhaktivedanta Hospice aiuta i pazienti a pensare a Dio al momento della morte, offrendo loro una soluzione definitiva ai problemi della vita.

Durante il primo anniversario dell’hospice, Radhanath Swami sottolineò l’insegnamento di Srila Prabhupada su “come vivere una vita in coscienza di Krishna, dedicare la propria vita alla coscienza di Krishna e andarsene da questo mondo in coscienza di Krishna”. “L’hospice,” egli continuò, “è qui per offrire la migliore assistenza possibile – fisica, emotiva e spirituale – ai devoti che hanno dato il cuore, l’anima e la vita stessa al servizio devozionale, affinché possano lasciare questo mondo circondati dall’affetto dei devoti, nell’abbraccio di Srila Prabhupada, ai piedi di loto di Krishna-Balarama.”

 

Nata e cresciuta in Francia, Visakha Priya Devi Dasi si unì all’ISKCON nel 1978 in Sud Africa, dove aiutò a costruire il tempio di Sri Sri Radha-Radhanath, diede inizio al programma del Food for Life nelle città africane e organizzò la prima traduzione e pubblicazione in lingua zulu de “La Perfezione dello Yoga”. Nel 1991 si trasferì in India, dove servì prima come una degli assistenti personali di Giriraja Swami a Mumbai e poi al Vrindavan Institute for Higher Education. Risiede attualmente a Vrindavana, dove ha contribuito all’edificazione del Kirtan Ashram per le devote anziane dell’ISKCON. Ringrazia Kalacandji Dasa per averla aiutata nella stesura di questo articolo. Per maggiori informazioni andate su www.bhaktivedantahospice.org.